Premessa:
L’inquinamento dell’aria è un fenomeno molto presente all’interno delle nostre vite e del dibattito pubblico, in particolare si cerca sempre più di ridurlo ma ciò porta spesso a discuterne perché, spesso, ci impone di fare delle scelte che vanno contro il modo in cui siamo abituati a vivere, limitandoci delle comodità alle quali non sappiamo più rinunciare, in particolare mi riferisco ai veicoli privati, e in questo testo voglio provare ad analizzare quali sono i problemi concreti che i nostri veicoli comportano al nostro ambiente e alla nostra salute, perché i nostri veicoli inquinano e le differenze che ci sono tra di essi, quali sono le soluzioni che si sono adottate per ridurre questo problema, e cosa possiamo fare noi come società.
Come funzionano le nostre auto?
Come tutti sappiamo le auto con motore termico, che rappresentano quasi la totalità delle auto circolanti (visto che le auto elettriche in Italia sono meno dell’1% e le auto ibride hanno comunque un motore termico), utilizzano combustibili fossili, principalmente benzina e gasolio ma anche altri derivati della distillazione del petrolio come GPL e metano. Questi carburanti vengono bruciati all’interno dei motori per produrre movimento ed energia che permette di spostarci. La reazione di combustione che avviene all’interno dei motori però genera delle sostanze chimiche, che possono essere più o meno pericolose, che vanno ad inquinare l’aria, ma questo lo analizzeremo più avanti.
Quanto inquinano le nostre auto?
Dopo aver consolidato il fatto che l’inquinamento dell’aria esiste ed è un problema concreto ci sarà capitato almeno una volta nella vita di chiederci se effettivamente le auto hanno un impatto così grande.
Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente i trasporti sono responsabili di circa il 15% delle emissioni totali tra le attività antropiche e di queste emissioni le automobili contribuiscono per oltre il 60%, se consideriamo inoltre che oltre ¾ della popolazione vive in aree urbane sarà facile dedurre che il problema non si basa solo sulla quantità di emissioni ma sul fatto che quest’ultime sono concentrate in aree molto ridotte dove però vive la stragrande maggioranza della popolazione.
Cosa emette un'auto e quali sono gli effetti sulla salute e sull’ambiente?
Abbiamo visto che i nostri veicoli emettono e anche tanto ma cosa esce dagli scarichi delle macchine che va ad inquinare l’aria delle nostre città.
Le sostanze emesse dalle auto le possiamo suddividere in tre gruppi:
Sostanze climalteranti, cioè quegli agenti che compongono i Gas Serra che contribuiscono al surriscaldamento globale e di conseguenza il cambiamento climatico;
Sostanze pericolose per la salute umana o per l’ecosistema, cioè quei composti che se inalati dall’essere umano possono portare a malattie respiratorie o tumori sul lungo periodo, e se entrano in contatto con l’ambiente possono portare a degli squilibri negli ecosistemi;
Sostanze sia pericolose per la salute umana sia climalteranti, cioè dei composti che riportano le stesse caratteristiche di entrambi i precedenti gruppi.
Tra le sostanze appartenenti al primo gruppo troviamo i prodotti che si generano sempre dalle reazioni di combustione e sono biossido di carbonio, o anidride carbonica (CO2), e vapor acqueo (H2O). Queste sostanze non danno alcun problema alla salute, infatti noi stessi emettiamo queste sostanze con la respirazione, ma l’utilizzo massiccio di combustibili fossili ha portato ad una crescita esponenziale della concentrazione di questi composti (in particolare di CO2) che è passata da circa 270 ppm (parti per milione) dell’epoca pre-industriale agli oltre 400 ppm odierni. Questi gas chiamati “a effetto serra” hanno la proprietà di riuscire ad intrappolare il calore emesso dalla terra quando viene irradiata dai raggi del sole riuscendo a mantenere così una temperatura media di circa 15°C, se non vi fossero questi gas, infatti, la temperatura media scenderebbe drasticamente a -18°C. Nonostante l’effetto serra naturale sia di per sé una caratteristica positiva un aumento così repentino dei gas serra e di conseguenza delle temperature medie porta ad uno squilibrio di un sistema complesso come è la Terra. Infatti quando sentiamo dire che le temperature medie sul pianeta aumentano di 1 o massimo 2 gradi tendiamo a sottovalutare la situazione perché tendiamo a paragonare questa differenza con il clima (penso che a nessuno cambi se uscendo di casa ci siano 15 o 17 gradi, neanche ce ne accorgiamo della variazione) ma dovremmo iniziare a vedere il sistema Terra come se fosse un organismo, come lo siamo noi, immaginiamo se la nostra temperatura passasse da 36 a 38 gradi (passeremmo da una situazione di salute ad una di febbre, e in questo caso sì che ci accorgeremmo della differenza).
Tra le sostanze appartenenti al secondo gruppo troviamo le polveri sottili, o particolato, ovvero delle particelle solide microscopiche che vengono emessi dai nostri veicoli e rimangono sospese in atmosfera portando al fenomeno dello SMOG in città, chi come me vive a Torino, o comunque in un grande centro urbano, gli sarà capitato salendo in collina di guardare la città e vedere un leggero strato marrone-grigio, soprattutto nelle giornate afose o quando non piove da molto tempo, questo fenomeno è dovuto dall’accumulo di polveri sottili in atmosfera e che vivendo in città non ci accorgiamo e respiriamo quotidianamente portando a gravi rischi per la nostra salute.
Il particolato generato dalle auto è principalmente composto da residui carboniosi, ovvero piccole frazioni di carburante che non sono riuscite a bruciare totalmente nel motore e che quindi escono dallo scarico come carburante incombusto formando il particolato, ma le polveri sottili sono composte anche da piccole particelle metalliche dovute dal consumo dei freni degli stessi veicoli o minuscoli residui di gomma derivanti dal consumo degli pneumatici.
Vista la varia natura del particolato quest'ultimo viene categorizzato a seconda delle dimensioni delle particelle che lo compongono:
Parliamo di PM10 se le particelle hanno un diametro uguale o inferiore a 10µm (10-6m);
Parliamo di PM2,5 se le particelle hanno un diametro uguale o inferiore a 2,5µm.
Il PM10 avendo un diametro maggiore è meno pericoloso per la salute in quanto penetra meno in profondità nelle vie aeree, esso infatti provoca maggiori danni alla parte alta dell’apparato respiratorio (in particolare naso e laringe), mentre il PM2,5 è decisamente più dannoso in quanto è in grado di penetrare nei bronchi e nei polmoni fino agli alveoli polmonare ostruendoli ed impedendo così lo scambio di ossigeno con il sangue portando a malattie come insufficienza respiratoria, asma, polmoniti e tumori agli organi dell’apparato respiratorio.
Tra le sostanze appartenenti al terzo gruppo troviamo gli ossidi di azoto, più comunemente indicati come NOx e il monossido di carbonio (CO). Questi composti sono la classe di inquinanti peggiore e assolutamente da evitare poiché hanno contemporaneamente le caratteristiche negative degli altri due gruppi. Il monossido di carbonio è un sottoprodotto della reazione di combustione che si ottiene quando la reazione avviene in carenza di ossigeno, una bassa concentrazione di comburente porta quindi alla formazione CO (invece che CO2) il quale oltre ad essere un gas ad effetto serra è anche estremamente tossico per l’essere umano già a basse concentrazioni (35ppm) e porta alla morte in soli 15 minuti con concentrazioni dello 0,2%, infatti questo composto è in grado di legarsi all’emoglobina del sangue rendendola incapace di trasportare l’ossigeno e portando così alla morte per asfissia.
Gli NOx invece si producono a causa delle elevate temperature e pressioni che si formano all’interno dei motori delle auto dove, queste condizioni estreme portano alla rottura dei legami della molecola di azoto (N2) che in condizioni normali è un gas inerte che compone circa il 78% dell’atmosfera, questa rottura porta alla formazione di specie chimiche chiamate radicali, estremamente reattive, che si legano con le molecole di ossigeno presenti nell’aria dando origine a questi ossidi di azoto. La pericolosità di questi composti è dovuta dalla loro reazione con l’acqua che da come prodotto acido nitrico (HNO3 un acido forte) che provoca il famigerato fenomeno delle piogge acide, con conseguenze dannose per gli ecosistemi poiché va a modificare il pH di quest’ultimi modificandone gli equilibri. Gli NOx possono reagire con l’acqua presente all’interno delle nostre mucose portando a irritazioni e malattie dell’apparato respiratorio come asma e bronchiti croniche. Inoltre, gli ossidi d’azoto sono dei gas ad altissimo effetto serra (quasi 300 volte maggiori della CO2) ciò comporta che anche l’emissione di piccole quantità di quest’ultimi portano a grandi effetti in termini di surriscaldamento globale.
Come funzionano i motori e quali sono le differenze in termini di emissioni?
I motori termici si suddividono sostanzialmente in due categorie che dipendono dal ciclo di funzionamento del motore:
Motore a Ciclo Otto, o ad accensione comandata, che è alimentato a benzina, la quale volendo può essere anche alternata a GPL o a metano;
Motore a Ciclo Diesel, o ad accensione spontanea, che è alimentato a gasolio.
(In realtà non esistono solo questi due cicli termodinamici ma questi sono i due più diffusi quindi per semplicità prenderò in esame solo questi due).
Nei motori a Ciclo Otto viene aspirata una miscela aria carburante omogenea e con corretti valori stechiometrici il che porta ad avere all’interno del motore la giusta quantità di ossigeno necessario a bruciare tutto il carburante e la miscela viene fatta scoppiare dalla candela (un componente che crea una scintilla che innesca la reazione di combustione) nel momento desiderato, per questo vengono chiamati “motori ad accensione comandata”.
Nei motori a Ciclo Diesel, invece, viene aspirata solo aria che viene compressa fino a 25 volte, portando il gas a raggiungere temperature e pressioni molto elevate a questo punto un iniettore spruzza il gasolio che a contatto con l’aria calda prende fuoco spontaneamente, da qui “motori ad accensione spontanea”.
Dopo aver inquadrato brevemente il funzionamento dei due propulsori si può intuire che le diverse condizioni, nelle quali avviene la reazione di combustione, portino alla formazione di composti differenti e in diverse concentrazioni. Vediamole nel dettaglio partendo dalla CO2:
Come abbiamo visto precedentemente la CO2 è un prodotto della combustione, quindi, è presente nei gas di scarico di entrambi i tipi di motore ma essendo più efficiente il Ciclo Diesel (per motivi tecnici che non analizzo nel dettaglio, come per esempio l’elevato rapporto di compressione) le emissioni di biossido di carbonio saranno ridotte in questi tipi di motori perché, banalmente, consumano meno carburante a parità di prestazioni.
Per quanto riguarda il monossido di carbonio i motori a Diesel non lo emettono praticamente mentre viene prodotto dai motori a benzina poiché, come avevamo visto in precedenza, la formazione del composto dipende dalla presenza di ossigeno, il quale è sempre presente in eccesso nei motori a Diesel mentre si trova pari o addirittura in difetto nel Ciclo Otto, favorendo così la formazione del gas.
Viceversa, per la formazione di NOx, i quali sono favoriti da una elevata quantità di ossigeno e soprattutto dalle condizioni di alta temperatura e pressione caratteristiche del Ciclo Diesel.
Per quanto riguarda invece la formazione del particolato non dobbiamo più fare riferimento al Ciclo del motore ma al carburante utilizzato. Il particolato, infatti, si forma perché i combustibili liquidi (gasolio e benzina) quando vengono nebulizzati dal motore bruciano, non come singole molecole ma, come goccioline le quali, però, non hanno il tempo di reagire totalmente (in un motore avvengono mediamente 20-30 combustioni ogni secondo) e quindi vengono espulse come carburante incombusto formando questi residui carboniosi. Quindi più sono piccole le gocce e più saranno ridotte le emissioni di particolato.
Dunque, analizzando i carburanti possiamo dire che il metano ed il GPL non producono particolato (in quanto sono dei gas e quindi reagiscono come singole molecole e non sottoforma di gocce), mentre per quanto riguarda benzina e gasolio entrambi producono polveri sottili sebbene con delle differenze. La benzina, infatti, è molto più volatile, ciò significa che tende ad evaporare più facilmente andando a formare delle goccioline più fini, inoltre entra nel motore già mescolata con l’aria in una miscela omogenea, ciò le permette di bruciare meglio aumentando le probabilità che bruci totalmente; infatti, le emissioni di particolato seppur presenti sono molto ridotte nei motori che utilizzano questo carburante e si limitano al PM2,5.
Per quanto riguarda il gasolio invece esso è un liquido molto più oleoso ed è molto complesso riuscire a ridurlo in gocce fini, inoltre non appena iniettato nel motore prende subito fuoco il che non gli dà il tempo materiale per omogenizzarsi con l’aria, queste caratteristiche portano i motori Diesel ad emettere grandi quantità di particolato e principalmente PM10.
Quali sono le soluzioni che si sono adottate per ridurre le emissioni?
Fortunatamente i gas di scarico prodotti dai motori delle nostre auto non vengono espulsi direttamente ma sulle macchine sono stati implementati dei sistemi sempre più efficienti per limitare le emissioni, specialmente di quei composti che sono particolarmente pericolosi per la nostra salute e per l’ambiente che ci circonda. Tutti questi accorgimenti sulle emissioni nascono dalle case automobilistiche per riuscire a rientrare nell’omologazione delle famose classi d’inquinamento “Euro” (dove il numero più è alto e meno emette l’auto che appartiene a quella categoria).
Negli anni ‘90 con la normativa Euro 1 si andò ad inserire nei motori a benzina il primo convertitore catalitico (o marmitta catalitica) detto anche “convertitore trivalente” in quanto esso è in grado di abbattere i tre principali inquinanti (CO, carburante incombusto ed NOx). Questa marmitta contiene tre metalli nobili (Platino, Palladio e Rodio) i quali sono in grado di catalizzare le reazioni di ossidazione di CO in CO2 e di carburante incombusto in CO2 e H2O e contemporaneamente la reazione di riduzione (opposto dell’ossidazione) di NOx in N2 e O2. Questo tipo di catalizzatore è molto efficiente per i motori a benzina ed è rimasto invariato fino ai giorni nostri, inoltre è praticamente l’unico sistema di riduzione delle emissioni che troviamo sulle auto a benzina poiché è in grado, da solo, di abbattere fino all’80% dei composti inquinanti che questi motori producono.
Purtroppo però questo tipo di marmitta ha due difetti: il primo è che per funzionare in maniera efficiente il catalizzatore deve raggiungere una temperatura di circa 500°C a temperature più basse la sua capacità cala drasticamente e a freddo risulta sostanzialmente inutile, motivo per cui i costruttori vanno a montarlo il più vicino possibile al motore in modo tale che si scaldi più velocemente; il secondo difetto, invece, sta nel fatto che questo catalizzatore funziona bene solo con miscele, aria/carburante, stechiometriche, poiché in eccesso di ossigeno risulterà impossibile la riduzione degli NOx, mentre in difetto di aria sarà impossibile far avvenire l’ossidazione degli altri composti.
Quest’ultimo difetto lo rende sostanzialmente inutilizzabile sui veicoli con motore Diesel al quale sono state trovate delle altre soluzioni assai più complesse.
Sempre a partire dagli anni ‘90, anche sui Diesel, vennero inserite le marmitte catalitiche che, però, a differenza delle precedenti queste sono costituite da un catalizzatore “bivalente” poiché composto solo da Platino e Palladio, che favoriscono la reazione di ossidazione di CO e carburante incombusto.
Nei primi anni 2000 con la normativa Euro 4 si introdussero i primi sistemi per ridurre gli altri inquinanti: il FAP (Filtro Anti-Particolato) o DPF (Filtro Particolato Diesel), e l’EGR (Ricircolo Gas Esausti).
Il FAP consiste in un filtro costituito da materiale poroso che permette il passaggio dei gas ma trattiene il particolato e periodicamente, quando è pieno, avvia dei cicli di auto-pulizia che prendono il nome di “rigenerazioni” durante le quali il filtro raggiunge la temperatura di circa 600°C e va a bruciare il particolato accumulato liberando così il filtro stesso. Queste tipologie di filtri sono in gradi di abbattere circa il 90% delle polveri sottili prodotte dal motore, anche se FAP di ultima generazione arrivano a efficienze maggiori anche superiori del 99%.
L’EGR invece è un sistema un po’ più complesso e, a tratti, controintuitivo quindi cercando di semplificare al massimo consiste nel riinserire all’interno del motore i gas di scarico precedentemente emessi. Questa operazione aiuta a ridurre le emissioni di ossidi di azoto di circa il 40%, questo perché inserendo nel motore gas esausti si riduce la percentuale di ossigeno a parità di aria e si riescono a ridurre le temperature, limitando così i fattori che portano alla formazione degli NOx.
La svolta però è avvenuta nel 2016 con la normativa Euro 6 e l’introduzione del quarto sistema antinquinamento per motori Diesel: l’SCR (Catalizzatore a Riduzione Selettiva).
L’SCR consiste nell'iniettare all’interno del condotto di scarico una certa quantità di urea (formula chimica (NH2)2CO) in una soluzione al 32,5% che prende il nome di AdBlue. Quando questa sostanza viene immessa nel condotto di scarico subisce la reazione di termolisi a causa delle alte temperature (Q + (NH2)2CO ---> NH3 + HNCO), questa reazione dà come prodotti ammoniaca e acido isocianico, quest'ultimo reagisce con il vapore acqueo presente nei gas di scarico in una reazione di idrolisi che produce nuovamente ammoniaca e anidride carbonica (HNCO + H2O ---> NH3 + CO2); ed è proprio l’ammoniaca l’elemento fondamentale di questo catalizzatore, infatti quest’ultima va a reagire con gli ossidi di azoto andandoli a ridurre ad azoto molecolare e acqua (NH3 + NOx ---> N2 + H2O), in presenza di ossidi metallici che favoriscono la reazione (titanio, vanadio e tungsteno). L’SCR ha un'efficacia molto elevata infatti è in grado di abbattere le emissioni di NOx di circa il 90% a fronte di un consumo di AdBlue intorno al 3-5% rispetto al consumo di gasolio. Inoltre, per evitare le emissioni di questi veicoli, in caso il serbatoio di urea rimanesse vuoto la macchina impedirebbe l’avvio del motore.
Cosa possiamo fare noi come cittadini per ridurre l’inquinamento dell’aria?
Come abbiamo visto precedentemente le auto di ultima generazione sono all’avanguardia per quanto riguarda la riduzione delle emissioni, però l’inquinamento dell’aria persiste e le cause sono principalmente due: la prima è che le auto omologate Euro 6 in Italia rappresentano circa 1/3 di tutte le auto circolanti; la seconda è che per quanto possano essere efficienti i sistemi catalitici non potranno mai raggiungere il 100% di abbattimento, ed è qui il punto fondamentale sul quale dobbiamo agire, ovvero un veicolo in se non emette particolarmente, ma se moltiplicato per tutti i veicoli che ci sono in circolazione il dato diventa allarmante.
Dobbiamo dunque cercare di ridurre i nostri spostamenti in auto soprattutto quelli brevi, che, come abbiamo visto, non danno tempo ai catalizzatori di scaldarsi e arrivare alla massima efficienza. È comunque sempre preferibile prediligere i mezzi pubblici o utilizzare la bici (che personalmente credo sia il mezzo più veloce per muoversi nel traffico della città oltre che ottimo per tenersi in movimento).
Come cittadini dobbiamo iniziare a ripensare il concetto che abbiamo di auto che deve diventare un mezzo di trasporto occasionale e non quotidiano, e se proprio non si può far a meno dell’auto cercare per lo meno di sceglierne una a basso impatto ambientale e soprattutto evitare di usarla come mezzo personale ma cercare di dividere i viaggi con altri passeggeri.